L’Ente Parco ha avviato il recupero e il restauro di un erbario realizzato nella seconda metà degli anni ’80, rimasto finora inedito: un prezioso sussidio per gli studi sull’evoluzione della vegetazione dei vari habitat del nostro territorio negli ultimi decenni.
FONDI (LT) – Il Parco Naturale Regionale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi ha recentemente avviato il restauro e la valorizzazione di un erbario attualmente custodito presso la propria sede ma che ha avuto una storia quasi avventurosa. Nato all’interno di un progetto multidisciplinare del Centro Regionale per la documentazione dei beni culturali e ambientali, l’Erbario del Lazio Meridionale conserva campioni di piante raccolte negli anni 1986-1989 nei comuni di Latina, Pontinia, Sabaudia, San Felice Circeo, Terracina, Monte San Biagio, Sperlonga, Fondi, Lenola, Campodimele. Gran parte dei fascicoli furono ritrovati, anni dopo, in un magazzino regionale e portati nella sede attuale. Poco meno di 40 anni fa alcuni giovani studiosi si erano occupati della raccolta e della catalogazione dei campioni; uno di loro, il Prof. Mauro Iberite, attualmente docente alla Sapienza-Università di Roma, è stato rintracciato dal Parco e ha rivisto il suo lavoro giovanile presso la sede dell’Ente.
Dopo il trattamento in congelatore previsto per la migliore conservazione dei reperti, il Parco ha contattato, presso l’Università di Firenze, i referenti della rete CORIMBO (Coordinamento per la rete italiana dei musei botanici) e registrato l’erbario nell’Index Herbariorum, in cui sono censiti oltre 3.500 erbari del mondo L’Index, pubblicato originariamente dalla International Association for Plant Taxonomy, ora è curato dal New York Botanical Garden. Oltre a fornire informazioni a scienziati e appassionati di botanica di tutto il mondo, esso valorizza il ruolo di grandi e piccole collezioni botaniche che, documentando la vegetazione terrestre degli ultimi quattro secoli, costituiscono una risorsa basilare per lo studio e la conservazione della biodiversità delle piante.
Oggi gli erbari non sono più semplici archivi oggetto di consultazione da parte dei botanici interessati a ricostruire in chiave storica gli sviluppi della loro disciplina, ma consentono, grazie all’accumulo regolare di campioni e alla disponibilità di nuove tecnologie (digitalizzazione, sofisticate analisi chimiche e genetiche su quantità minime di materiale vegetale, correlazione tra metadati e immagini) di studiare l’effetto dei cambiamenti climatici, i danni dell’inquinamento e l’evoluzione degli ecosistemi.
“Il recupero, il restauro e la valorizzazione dell’erbario di cui si è preso cura l’Ente Parco– ha dichiarato il Direttore, dott. Lucio De Filippis –si inseriscono a pieno titolo nell’azione di tutela e conservazione del patrimonio naturale del nostro territorio che l’Ente istituzionalmente persegue. L’erbario, infatti, porrà a disposizione degli esperti un utile materiale di studio per analisi di tipo comparativo sui vari habitat di un vasto comprensorio, fornendo una precisa ‘fotografia’ di quale fosse lo stato di salute della nostra vegetazione nella seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso.
L’iniziativa testimonia della fecondità di un rapporto – quello tra le Aree Naturali Protette e il mondo della ricerca e della scienza – già avviato in altre occasioni, che l’Ente Parco intende ulteriormente promuovere e sviluppare nel prosieguo delle sue attività”.