Provare a rileggere la storia e vedere e apprezzare i paesi anche attraverso i piccoli segni e le umili memorie lasciate dalla cultura materiale e artigianale
Un piccolo, piccolissimo “sassolino” lanciato a tutti coloro che hanno sensibilità tale da apprezzare le emozioni e le riflessioni che possono scaturire dalla visione dei mestieri antichi.

Una piccola premessa di Giulio – «La mia iniziativa la considero, con umiltà, foriera e portatrice di alcuni valori e riflessioni, come ad esempio: tentare di immortalare, di cristallizzare e di fotografare, di porre all’attenzione “jo mmastaro”, detto così in dialetto abruzzese, un lavoro artigianale di tre generazioni terminato con mio padre per “lasciarlo in ricordo e in dote” alle generazioni future con l’augurio che possa accendere e risvegliare ricordi ed emozioni oppure provare a far capire alle nuove generazioni di oggi ” Gen Z”, Gen Y, oppure, “del tutto comodo e subito o “del telefonino sempre in mano” la fatica in generale del passato dei nostri genitori e, quindi, di provare a narrare e celebrare un angolino di vita vissuta di una volta e, purtroppo, dimenticata con l’auspicio di lasciare piccole e umili tracce positive. Una cosa è certa comunque vada, è quella di essere contento, orgoglioso e soddisfatto di poter far vedere agli occhi dei “viandanti” di oggi e di domani “jo masto”, il significativo monumento in bronzo che rimarrà lì, in bella vista, a Sante Marie a testimoniare un lavoro e un’epoca che non c’è più che potrà trasformarsi magicamente, agli occhi delle persone sensibili, in una sorta di finestra da dove osservare le fatiche immense fatte prima della modernità, un piccolo ponte tra passato e futuro. Si, dicono che infilando il dito in quei buchi degli arcioni “dejo mmasto”, fatti con sudore e fatica sul duro legno, porti fortuna, porti fortuna solo se “si sente e si percepisce” la fatica di tutto il nostro mondo passato».
«A mio padre Di Giacomo Domenico, bastaio in Sante Marie da tre generazioni: i suoi “basti” arrivavano fino in Svizzera, in Francia, in Austria, in Friuli, in Piemonte, in Veneto, in Toscana, in Calabria, ecc.. (non perché mio padre aveva una visione di commercio oltre regione e internazionale, ma perché in questi posti erano andati a vivere i mulattieri di Cappadocia e paesi abruzzesi limitrofi).

“Basti” fatti su misura, secondo la grandezza del mulo o dell’asino, creati con amore e passione. Gli stessi che sono ancora usati oggi dai pochi mulattieri rimasti. “Basti” creati senza risparmiare nulla, perché potessero durare nel tempo e potessero tutelare al massimo la salute dell’animale tant’è che mi è difficile trovarne oggi qualcuno per ricordo personale… un particolare ricordo di mio padre (in giro c’è dell’altro!) … proprio perché sono ancora usati da qualche mulattiere.

La sella è per i cavalli, il “basto” è per il mulo e l’asino; la sella può essere anche fatta in serie, “il basto” no, va fatto su misura poiché l’animale deve “sentirsi fasciato” affinché il peso portato per ore non dia fastidio e non rechi danno. I basti di una volta erano fatti con materiale d’eccellenza: gli “arcioni” (due per ogni basto) di legno ricurvo in maniera naturale, li sceglieva lui personalmente, scartando quelli poco affidabili; particolari e personalissime scelte erano fatte sulla “tela”, sulla “paglia”, sulle tavole (due per ogni basto), rigorosamente tutte di un pezzo, che piegava lui personalmente con il fuoco e bagnandole con l’acqua e per lo spago. Ulteriori e rigorose selezioni erano riservate per “il pelo animale” che faceva arrivare, in grosse balle, da Genova e che riusciva, con grande sudore, a rendere soffice e vellutato, liberandolo da impurità e residui con una speciale e originale macchina con rulli a mano (peccato questa sia andata persa!!!). Stesso discorso di accurata selezione per “i capperoni”, grossi tubi antincendio in disuso di prima qualità che tagliava e riscaldava al sole o al tubo della stufa perchè risultassero più morbidi; li prendeva a “Claudio di Celano”. Portava la stessa attenzione nella scelta di un particolare pellame nero e, addirittura, per i più umili chiodi … sì, anche questi avevano per lui una grande importanza. Le “misure” venivano prese dal mulo e dall’asino stesso, presso la sua bottega o inviate per posta dai mulattieri più lontani.

Ciò che usciva fuori dall’artigianale e magico assemblaggio manuale, dopo aver usato faticosamente l’ascia, dopo aver faticosamente fatto i buchi sul duro legno “a mano” (il trapano elettrico è stato inventato dopo e, quindi, adoperato solo negli ultimi anni) e usato grossi aghi … ciò che usciva fuori, quindi, era il suo “mmasto”, che veniva alla fine quasi accarezzato dalle sue grosse mani, callose e indurite. Il suo “mmasto” era un mix di profumi, magici odori di sudore, di legno, di spago, di paglia, di tela, di capperoni, di pelo animale e di pelle … sembrava che anche gli stessi chiodi profumassero. Per i mulattieri, Domenico Jo Mastaro era affidabile, perchè i suoi basti non si rompevano mai, sembravano fatti con l’acciaio. Ha fatto scuola, ha insegnato a molti. Per sei mesi a Sante Marie e per sei mesi a Cappadocia, si, per sei mesi si trasferiva a Cappadocia, paese di mulattieri. A distanza di anni, emblema del mondo che cambia, d’estate la piazza di Cappadocia diventava gialla, si riempieva di taxi gialli perché molti mulattieri avevano venduto i loro muli e acquistato licenze di taxi a Roma. A ricordo dei tempi andati nella piazza di Cappadocia c’è oggi una statua in bronzo del mulo con “jo mmasto” e legna e a Sante Marie c’è una statua in bronzo del basto (mmasto”). Ringrazio mio padre, cui dedico queste due righe, per gli insegnamenti che mi ha dato anche con i suoi sguardi e con i suoi silenzi. Mi ha lasciato magici ricordi di profumi che non sento più».
Giulio Gino Di Giacomo



